La cucina carlofortina deve senza dubbio i suoi caratteri più marcati alla propria ascendenza genovese, a tratti sfumata di Maghreb e di Sardegna. L’impronta ligure traspare immediatamente nella semplicità della tavola quotidiana: negli ingredienti freschi strappati alla poca terra intorno e al tanto mare davanti; nel particolare tipo di preparazioni; nel caratteristico utilizzo degli aromi.
Gastronomia
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Genovese è la fainò, sottile farinata di ceci in teglia da forno, da gustare a fette, e la panissa, specie di polenta di semola di ceci, eccellente accompagnamento delle pietanze in umido e naturalmente il celebre pesto, qui preparato volentieri col basilico dei balconi e il saporito pecorino della vicina Sardegna, ma senza i pinoli. I casulli – quasi pasta nazionale dei carlofortini –, piccoli riccioli di semola simili ai malloreddus campidanesi, rigati sui crivelli di giunco. E sempre da Genova arrivano gli altri formati tradizionali: i curzétti (orecchiette), i tagen (tagliatelle), i râiö (ravioli), le trofiette (bastoncelli affusolati), i mandilli de sèa (lasagne “di seta”). Nomi appetitosi e suggestivi, dietro ai quali si cela la fatica dei campi e la pazienza delle massaie.
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E lo chiamarono cascà
Felice ricordo della permanenza a Tabarka, isoletta vicino Tunisi, qualche secolo fa, è il cascà. Ma in questo tipico “cuscus” carlofortino, non c’è la carne: il semolato di grano, cotto nella speciale pentola di coccio, viene servito esclusivamente con le ricchezze dell’orto, diverse da una stagione all’altra. Come anche differenti sono le tradizioni familiari e le interpretazioni personali del piatto, ricca gara di sapori e di varianti che nel tempo ha meritato una sagra dedicata, oggi diventata vivace Festival del cascà.
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Ancora una pietanza tipica è la capunadda, ricca insalata coi pomodori la cipolla e la facussa –dall’arabo fakûs – singolare ortaggio imparentato col melone ma a forma di cetriolo allungato. Arricchito col tonno sott’olio e servito sopra le galétte – i famosi dischi di pane biscottato, capaci di accompagnare indenni i marinai in viaggio per intere stagioni.
Altro piatto quotidiano tradizionale è la bóbba, passato di fave secche insaporito col basilico e servito con le tradizionali galétte.
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Arrivando ai secondi piatti, qui ci si butta direttamente a mare. Per assaporare il trionfo dei fritti misti e degli arrosti di pesce umettati con l’uìntu, la delicata salsina d’olio, limone e tocchetti di pomodoro; per gustare la casólla, saporitissima rimpatriata di pesci e crostacei di scoglio in zuppa ristretta di mare; per godere il purpu acumudàu cue patatte, delizioso guazzetto di polpo tenero e patate.
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Il pregiato tonno rosso
La tonnara di Carloforte è uno degli ultimi luoghi nel Mediterraneo dove viene ancora praticata la mattanza, nobilissima tradizione locale di pesca del Thunnus Thinnus, il possente e pregiatissimo “tonno rosso”. Qui detto “tonno di corsa”, per la velocità con cui solca questo specchio di mare, e noto anche come “tonno d’andata”, perché ancora grasso e carico di umori, all’apice del suo inesausto vigore naturale. Particolare pregio che lo ha reso famoso e desiderato fin nel lontano Estremo Oriente, disposto a fare follie per assicurarsene qualche esemplare. E che qui, nell’Isola di San Pietro, da secoli viene lavorato con speciale maestria di taglio, apprezzato meticolosamente in ogni sua parte, conservato con particolare scienza – sott’olio, salato, essiccato –. Ma soprattutto cucinato fresco in una meravigliosa varietà di gustosissime ed esclusive ricette.
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La Sardegna torna infine nei vini, soprattutto coi vitigni del Carignano e del Bovale, qui importati nelle varianti sulcitane e ben acclimatati in piccole curatissime vigne. Come anche il Nasco e il Moscato, galanti accompagnatori degli eccellenti dolci locali: la cassata di ricotta e maraschino in pasta margherita, i friabili canestrélli innevati di glassa sottile, le turtétte di sfoglia al miele e cuore di ricotta, i panétti cue fighe (panetti coi fichi) arricchiti di mandorle, zibibbo e sapa, saporito succo di mosto d’uva stracotto.